E' uscito, distribuito da Laterza nelle librerie di tutta Italia (320 pagine, 20 euro), il nuovo libro del pescarese Marco Patricelli, «L’Italia delle sconfitte – Da Custoza alla ritirata di Russia».
Un libro che si legge come un romanzo tragico che si dipana nei capitoli dedicati alle battaglie di Custoza e Lissa (1866), Adua (1896), Caporetto (1917), Campagne di Grecia (1940) e di Russia (1941).
Sei appuntamenti con la storia che il Paese ha clamorosamente fallito dal punto di vista militare, ma profondamente segnati dalle divisioni politiche e sociali.
Quelle disfatte, alcune delle quali epocali (Caporetto è diventata l’archetipo stesso della sconfitta), sono infatti il frutto di scelte discutibili quando non addirittura scellerate, pressapochismo, velleità di gigantismo e meschinerie di piccolo cabotaggio che attraversano trasversalmente l’Italia dell’Ottocento e del Novecento, con il suo fardello di ipocrisie e di corruzione, anche morale.
Nella sua avvincente analisi, Patricelli scioglie i nodi focali che hanno preparato, generato e fatto seguito alle brucianti avventure militari pagate col sangue dei soldati, che rispondevano a scelte politiche gravate sulle spalle di generali troppo spesso non all’altezza della situazione.
A Custoza il Regno d’Italia unitario da poco proclamato perde una battaglia già vinta perché La Marmora e Cialdini conducono una guerra privata.
A Lissa l’inesperto ammiraglio Persano e i suoi vice neppure si parlano, e i sogni di gloria vanno a picco assieme alle navi e ai marinai.
A Caporetto Badoglio, pur sapendo che gli austro-tedeschi stanno per attaccare, se ne va a dormire. L’attacco alla Grecia soddisfa solo le manie di grandezza di Ciano e Mussolini e si incanala subito verso un clamoroso disastro che fa sogghignare mezza Europa, mentre i soldati muoiono e congelano. Una tragedia che è la prova generale della Campagna di Russia.
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