sabato 9 giugno 2018
Assunta Menna presenta il nuovo cd "Laura" al gazebo del Museo Paparella di Pescara
Sarà presentato il 10 giugno il nuovo lavoro discografico della cantante abruzzese Assunta Menna, dal titolo “Laura”, presso il gazebo del Museo Paparella di Pescara (Viale Regina Margherita,1) in una conversazione a cura del Prof. Enrico Gallenga e del Direttore Responsabile di Rete 8 Carmine Perantuono (inizio ore 18). Seguirà un aperitivo a cura del Gran Caffè Vittoria di Chieti nel giardino del museo.
“Laura” contiene otto standard dagli anni ’20 ai ’40 riarrangiati in maniera raffinata ed elegante da Paolo Trivellone. Si avverte nel disco la sua voglia di discostarsi dalle versioni originali dei brani originali sia a livello armonico che stilistico.
L’idea di questo nuovo lavoro discografico nasce dal desiderio di Assunta Menna di lasciare un segno:
“Questo disco riguarda tutta la mia vita – sottolinea la cantante - sono arrivata ad un punto della mia attività professionale in cui ho sentito la necessità di vedere a che punto mi trovassi.
Ho chiamato la persona della quale più mi fido sia musicalmente che umanamente, Paolo Trivellone, e ho espresso questo mio desiderio a lui. L’idea girava da un anno circa nella mia testa ed insieme a lui siamo arrivati a decidere di voler fare del jazz, in particolare degli standard.
I brani che conosco di più sono quelli che vanno dagli anni ’20 ai ’40. All’inizio c’erano anche un paio di pezzi bossanova, però alla fine ho escluso sia la musica brasiliana che brani italiani optando solo per la musica americana dagli anni’20 ai ’40”.
La storia musicale di Assunta Menna nasce in maniera “sui generis”: ha sempre strimpellato ed ascoltato musica che, insieme all’attività motoria, è la sua grande passione.
Le due cose si sono anche spesso incrociate: da ricordare “Corpo e Anima Project” realizzato con Fabrizia D’Ottavio e “Piano Voce e Volo” con Michele Di Toro e Valentina Caiano.
Ad un certo punto della sua vita la Menna ha iniziato a studiare canto con la vocal coach Maria Cristina Cameli mai pensando di arrivare al jazz, invece c’è riuscita studiando per oltre dieci anni.
Si è così ritrovata ad avere un bel repertorio di standard e ne ha estrapolati otto per il disco: quattro ballad e quattro swing con un giusto equilibrio fra atmosfere slow e più movimentate.
Ognuno di questi brani ha una memoria storica ed un motivo per essere presente nella tracklist.
Partendo da “Laura”, del quale il padre di Assunta Menna era innamorato, ci sono per lo più brani che la cantante ascoltava da bambina dentro casa quando suo zio si faceva spedire dall’America dei dischi jazz.
Sono stati scelti da lei quelli più ascoltabili e fruibili che potessero emozionare l’ascoltatore.
Le nuove stesure degli stessi, curate da Paolo Trivellone, non mettono in evidenza solo la grande vocalità di Assunta Menna, ma, proprio per volontà della stessa cantante, tendono a far risaltare gli eccellenti musicisti coinvolti nel progetto.
Claudio D’Amato, pianista giovane molto bravo emergente di Sulmona, ha dato un grande apporto fondamentale al quintetto. La scelta per il batterista è caduta su Paolo Pandolfi, un virtuoso dello strumento, adatto al suono e agli arrangiamenti scelti da Paolo Trivellone.
Non si volevano poi i soliti fiati e dunque ecco la tromba e anche in questo caso scelta mirata su Jorge Ro (Assunta Menna dice a riguardo: “Sono rimasta folgorata ascoltandolo e l’ho voluto fortemente”). Ed infine ovviamente la classe di Paolo Trivellone al contrabbasso: ecco dunque gli Stardust Quintet.
C’è il giusto e bilanciato incontro fra vocalità e forza dei musicisti: non esiste una primadonna negli otto brani.
Il sapore dell’album “Laura” è omogeneo: anche se sono pezzi diversi fra loro si capisce cosa si sta ascoltando, ne si riconosce lo stile, la voce della cantante e i musicisti coinvolti.
Dallo studio fatto con il grande maestro Bob Stolov nasce anche il modo di improvvisare di Assunta Menna che ritroviamo in vari episodi del disco: presenti infatti dei momenti di “scat” nei brani più veloci, non ce ne sono troppi nelle ballad proprio per dare spazio alla versatilità dei musicisti.
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