Manu Katché sarà martedì 15 aprile a Roma, alle 21 presso la Sala Petrassi dell'Auditorium Parco della Musica. In occasione del suo concerto capitolino, Manu Katché proporrà al pubblico i brani del secondo disco registrato per la ECM come band leader. "Playground" ha confermato sia presso il pubblico sia presso la critica il grande successo di "Neighbourhood", uscito nel 2005.
Manu Katché è conosciuto principalmente nell’ambito del pop-rock per aver accompagnato star come Peter Gabriel, Sting, Joni Mitchell, Dire Straits, Bee Gees, Jeff Beck, Youssou N'Dour, Tori Amos, Bryan Ferry, Tears for Fears, Tracy Chapman e molti altri. Ai suoi esordi Manu ha suonato anche nel gruppo del comico francese Coluche.
Forse è proprio questo background pop a conferirgli un'originalità nel suono e nella materia, un modo di fare musica che è il suo carattere, come lui stesso racconta di sé: "Cerco sempre di mettere insieme modelli per creare un groove, per colorare le cose. Questo è fondamentale per me nel fare musica sia che io stia suonando jazz o rock o altro, sia che suoni la mia musica sia che lavori con Sting o Peter Gabriel. Cerco di creare un groove per ispirare il solista e me stesso".
“Playground” è stato registrato nel gennaio del 2007 negli studios Avatar di New York con Manfred Eicher, il deus ex machina del marchio ECM che ha aiutato Katché nella formazione dell'organico per i suoi due album. Manu sottolinea quanto New York sia una città con un livello energetico molto alto e quanto ci sia di magico sopratutto per un musicista europeo: "Ci siamo ritrovati ad essere lì insieme in un posto al quale non apparteniamo, nutrendoci dell'atmosfera speciale di New York". Questo ritrovarsi insieme in un luogo altro, in un luogo dell'altrove ha permesso che la dicotomia feconda tra soggetto ed oggetto trovasse un punto di tangenza, un'energia, un sound che si sente già dal primo ascolto.
All’inizio e alla fine di “Playground” sono presenti le incursioni del newyorkese David Torn (che non sarà presente nei concerti italiani) caratterizzate dai riverberi di colore della sua chitarra, mentre il resto dell'album è interamente acustico, permeato da un'energia naturale che si modula sulla totalità dei brani.
Manu racconta di come il disco sia stato fatto molto velocemente, Eicher sottolinea come i contributi di ogni musicista alla realizzazione degli ideali musicali di Katché abbiano conferito al concepimento dell'ossatura complessiva qualche cosa di nuovo, di diverso.
Il lavoro intenso di tre giorni di sessioni piene d'ispirazione per tutti i musicisti si percepisce, Manu ne è convinto, nell’energia, nel sound particolari di “Playground”.
Del suo modo di suonare Manu Katche ha detto spesso che è un'amalgama tra i ritmi africani e la concezione classica della batteria, illuminata dall'interazione jazz: "quando suono jazz sono visto come un batterista rock e quando suono in progetti rock i critici dicono di me "il batterista jazz Manu Katché". Io cerco solamente di essere me stesso, tentando di essere innovativo come la musica che suono, ma penso che questa sia più di un atteggiamento jazz".
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