Il rapporto tra me e Pierluigi Siciliani è un po’ particolare: io e Piji, infatti, ci siamo conosciuti 4 anni fa vagando tra i corridoi di via Salaria, a Roma, in cerca dello stesso professore, cioè colui che entrambi avevamo scelto come relatore delle nostre rispettive tesi. L’università era La Sapienza, la facoltà quella di Scienze della Comunicazione. Piji, che all’epoca – almeno per me – era solo Pierluigi, si era detto disponibile a prestarmi un libro di Riccardo Bertoncelli che io stavo cercando, ma alla fine non ce n’era stato bisogno perché ero riuscito a risolvere il mio problema in un’altra maniera. Sempre 4 anni fa, Piji mi aveva anche accennato della sua passione per la musica (e confermo che lui è un brillante cantautore). Da allora non ci siamo più visti, fino a questa estate, quando – io giurato, lui concorrente – ci siamo nuovamente incrociati ad un concorso per artisti emergenti in quel di San Demetrio de’ Vestini. Devo essere sincero: è stato lui a riconoscermi. Mi ha fatto molto piacere ritrovarlo dopo tutto quel tempo, così come mi ha fatto piacere conoscere, nell’occasione, anche quel talento che è Chiara Morucci. Questo lungo preambolo è per far capire come la mia lettura de “La canzone jazzata – L’Italia che canta sotto le stelle del jazz” (Zona editore, con prefazione di Stefano Bollani e appendice di Freddy Colt) non sia stata altro che il naturale compimento di un percorso – conoscitivo e non – iniziato qualche tempo addietro nella Capitale. Che cosa ha fatto Piji con tale saggio? Semplice: ha analizzato, con un piglio a metà tra il musicologico e lo storico, la presenza del jazz nella canzone “pop” italiana, passando attraverso 80 anni di fatti e sviscerando l’influenza jazzistica riscontrabile sia nei testi che nelle musiche. È questa l’occasione per avventurarsi, in poco più di 200 pagine, nel mondo di Paolo Conte e Sergio Caputo, piuttosto che di Nicola Arigliano, Giorgio Gaber, Renato Carosone, Sergio Cammariere ed altri ancora. Insomma, il libro di Pierluigi Siciliani è davvero un prezioso breviario, godibile e piacevole, su tutto ciò che riguarda il jazz e dintorni nella canzone italiana. Ve lo consiglio vivamente.
Massimo Giuliano
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