sabato 6 agosto 2011

Max Ionata - "Dieci"

Ne ha fatta di strada Max Ionata da quando con il suo sax animava le serate del “Kabala”, storico locale di Pescara dedicato alla musica live. Oggi questo straordinario strumentista torna con “Dieci”, realizzato insieme al suo fedelissimo quartet. Non ci sono dubbi: Luca Mannutza al pianoforte, Nicola Muresu al contrabbasso e Nicola Angelucci alla batteria sono ottimi compagni di viaggio per Max, anche se la “perla” è rappresentata in questo caso dalla presenza di Fabrizio Bosso, uno che nel jazz non si risparmia mai e che non disdegna le collaborazioni, purché siano con artisti di peso. Il noto trombettista può essere considerato in assoluto il valore aggiunto di questo cd: i suoi duetti con Ionata sono semplicemente deliziosi. Dopo aver riscosso grande successo all’estero (in particolar modo in Giappone), Max Ionata è tornato nel Belpaese per incidere il suo nuovo lavoro: lo ha fatto servendosi della prestigiosa etichetta Via Veneto Jazz e di uno studio di registrazione, il Riff Raff Jazz, che più italiano non si può, visto che si trova a Trevignano Romano, non molto distante dalla Capitale, dove ormai il talento abruzzese vive da anni. I pezzi in scaletta alternano composizioni del solo Ionata (le migliori del disco, a nostro parere) quali “La talpa” e “Lode 4 Joe” a brani scritti dagli altri componenti dell’ensemble. Pregevole, in tal senso, è “Coltrane meet Evans”, firmata da Mannutza. Solo Angelucci si limita all’esecuzione senza contribuire alla scrittura, e il suo drumming si mostra preciso e delicato al tempo stesso, in linea con l’atmosfera di tutto l’album, perennemente sospesa tra un virtuosismo mai invasivo e un romanticismo di fondo sempre funzionale al mood generale. Da non perdere, poi, è la splendida “Who can I turn to”, opera del genio di Leslie Bricusse ed Anthony Newley, che la formazione rilegge magistralmente. Chissà, forse anche il fatto che Max Ionata abbia iniziato a suonare relativamente tardi ha influito su una presa di coscienza artistica che qui si esprime principalmente attraverso due direttive: un’evidente maturità sonora e un’adorabile tendenza swingante. Elementi che non possono non risultare accattivanti alle orecchie degli ascoltatori più attenti. È così che “Dieci” arriva a meritarsi la palma di piccolo gioiello jazz, da gustare a più riprese, come quando si sorseggia un buon bicchiere di vino rosso.

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